🚀 STATS
📅 DATA DEL VIAGGIO: 9 Agosto 2019
⏳ DURATA: 10 giorni
🚲 DISTANZA: 900km
🏔 DISLIVELLO: 6000m
🌍 PAESI: 🇮🇹🇨🇭🇫🇷
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↔️ TAPPA PIU’ LUNGA: 160km (Ginevra – Lione)
↕️ TAPPA PIU’ ALTA: 1.897m (Como – Oberwald)
🗺 JOURNEY
Un viaggio nel viaggio che comincia come sempre dalla porta di casa e che mi porterà fino a Taizé in Francia, in sella alla mia nuovissima bicicletta firmata Cinelli! Dalla propria porta di casa attraverso l’Italia e la Svizzera per arrivare finalmente in Francia. Un’avventura indimenticabile fatta di persone, paesaggi e pensieri che proverò a riassumervi in poche e semplici righe.
Formigine - Cremona / 9 Agosto 2019
Di solito il primo giorno è sempre il più facile: sei talmente gasato che potresti quasi scalarti l’Everest senza rendertene conto. La gioia ti esce da tutti i pori della pelle e vorresti solo urlare, ma sei ancora in zone dove potrebbero conoscerti perciò meglio trattenersi … ci sarà tempo per sfogarsi!
La giornata non poteva essere delle migliori per partire e speriamo che sia di buon auspicio dato che non vado molto d’accordo con la pioggia. La temperatura non è sicuramente delle più confortevoli, ma del resto è agosto quindi me lo sarei aspettato.
Oltre ad essere il primo viaggio con la nuova bicicletta acquistata da poco più di 4 mesi, è anche il primo viaggio organizzato interamente utilizzando Komoot e seguendolo a menadito completamente igniaro di dove mi avrebbe portato. Già dopo qualche chilometro abbandono la strada principale per infilarmi in una serie di stradine di campagna che dovrebbero condurmi a Brescello da dove poi seguirò il corso del fiume Po’ per arrivare a Cremona. Molto bello il passaggio per Colorno lungo un percorso pedonale che costeggia il fiume e che mostra una bellissima vista sulla città.
Arrivati a Cremona mi addentro verso il centro nella speranza di trovare qualche indicazione per un bel camping che non tardarono ad arrivare. Un paio di svolte a destra e un paio a sinistra e sono arrivato. La posizione è piuttosto buona e vicina al centro nel caso volessi farmi una passeggiata e il costo sembra anche abbastanza economico perciò decido di fermarmi li. Ci metto un po’ a capire come funziona dato che non sembra esserci nessuno a gestirlo e presto scopro che è tutto automatizzato.
Me la prendo con comodo e ne approfitto per lavarmi perbene e farmi una bella doccia rinfrescante, monto la tenda e mi rilasso qualche minuto prima di mettere su da mangiare.
La doccia, la quiete del campeggio e l’ottima cena mi hanno quasi fatto venire voglia di andarmene a letto visto che l’indomani mi sarei dovuto svegliare piuttosto presto, ma c’è ancora un po’ di luce e decido allora di farmi due passi verso il centro per vedermi almeno uno scorcio di città. Poi mi ricordo che tra due giorni sarò fuori dall’Italia e allora che fai, non te lo prendi un buon gelatino?
Le ore passano veramente in fretta e tra una cosa e l’altra sono già le 23 e visto che ho un po’ di strada da fare per tornare al campeggio decido di rientrare.
Cremona - Como / 10 Agosto 2019
Secondo giorno: siamo ancora freschissimi! La sveglia suona alle 6 e sono talmente carico che alle 6.30 ho già acceso il fornello per scaldarmi il te: non c’è niente da fare, la colazione anche in viaggio, resta sempre uno dei momenti migliori!
Pago il campeggio e mi rimetto in sella dato che il programma prevede altri 130km da percorrere. La strada è lunga e tutta sotto al sole ma anche oggi Komoot non si sbaglia e mi fa percorrere tutta una serie di stradine di campagnia che altrimenti non avrei nemmeno mai sognato di percorrere: stradine di campagna che attraversano filari, boschetti e fiumiciattoli pazzeschi. Il paesaggio fa veramente la differenza e i chilometri diventano quasi metri! Ma lo spettacolo arriva a Vaprio d’Adda dove inizia un vero e proprio percorso ciclabile che costeggia il fiume: c’è un sacco di gente che cammina, che va in bici come me e qulcuno azzarda qualche tuffo anche se in questa zona i cartelli lo vieterebbero. Ma oltre al piacevolissimo paesaggio, ho anche il piacere di fare qualche chilometri in compagnia di un altro ciclista che già da un po’ aveva preso il mio ritmo. Proprio grazie a lui scopro che un pezzo di strada che avrei dovuto percorrere era chiuso e mi sarei fatto un bel pezzo di salita inutilmente dato che poi avrei dovuto girare la bicicletta. Lo feci andare davanti per seguirlo e in un attimo la stradina pianeggiante, turistica e così godevole diventa un muro verticale: quattro piccoli tornanti con picchi di pendenza tra il 15 e il 18% e per di più DI CIOTOLATO! Faccio il primo tornante, ma poi per evitare di scassare tutto, bici e gambe, decido di scendere e di farmela a piedi, anche se con il carico dietro e le scarpette con gli agganci è quasi più faticoso.
Dovete sapere infatti che una degli svantaggi di avere il carretto è proprio il fatto che non ci si può altazare in piedi in salita o meglio, lo si può fare ma stando molto attenti a non far oscillare troppo la bici altrimenti l’aggancio del carretto alla ruota posteriore potrebbe piegarvi o addirittura rompervi il forcellino.
Feci qualche altro chilometro in compagnia di Pippo (che ovviamente non si chiamava così) e poi lo salutai dato che da lì sarebbe tornato verso casa. Mi aspettavano ancora una trentina di chilometri e siccome ci stavamo avvicinando al confine anche il dislivello stava cominciando a farsi sentire.
Trovai un campeggio lungo la strada a circa 5km da Como e decisi di fermarmi li dato che ero già un po’ lungo sulla tabella di marcia inoltre, essendo fuori dalla città i prezzi sarebbero stanti anche un pelo più convenienti. Non avrei potuto farmi la passeggiata in centro a Como, ma questo non mi scuoteva più di tanto.
Como - Oberwalt / 11 Agosto 2019
Il cielo non era dei più belli considerando il sole e l’azzurro dei giorni precedenti ma non mi preoccupai più di tanto. La solita colazione con te, biscotti e una bella fetta di marmellata e via che si riparte. I primi chilometri sono in discesa e questo, specialmente di primo mattino, è sempre un bene per iniziare di buon umore la giornata.
Dopo qualche chilometro arrivo a Como, ma da qui la vista sul lago non è esattamente quello che mi aspettavo perciò mi accontento di osservarne la città. Procedo verso Chiasso e varco il primo confine entrando così in Svizzera! Più tardi arrivai anche a Lugano e qui mi resi conto che il cielo non si stava perniente aprendo e visto che proprio in quei due giorni sarei dovuto arrivare al Passo della Novena a 2.500 metri, arrivarci nel pieno di una tempesta non sarebbe stato proprio il massimo. Controllo il meteo e il caso vuole che proprio nella giornata di domani sarebbe stata prevista una bella nuvoletta grigia tendente al nero con un simpatico fulmine arancione proprio sopra ad Airolo, la città dove sarei dovuto arrivare oggi.
Rifletto e ragiono un po’ sulle varie soluzioni: oggi pomeriggio era prevista pioggia, ma semprava comunque essere più bello rispetto al giorno dopo dove era previsto il finimondo. Ero arrivato proprio davanti alla stazione di Lugano e decisi così di chiedere qualche informazione per sapere se era possibile eventualmente prendere un treno per raggiungere Airolo avendo anche una bici da caricare. Non sembrava esserci nessun problema e di treni ce n’era quanti ne volevo. Decisi qundi di fare così per cercare di anticipare la giornata di domani ed evitare di dover stare bloccato ad Airolo visto che non sapevo nemmeno dove avrei passato la notte, se in un campeggio o se a casaccio in mezzo ad un prato.
In treno guardavo fuori dal finestrino e mi volevo solo mangiare le mani per tutto il paesaggio che mi stavo perdendo, anche se la salita forse l’avevo sottovalutata vista da lì! Arrivai ad Airolo che già iniziava a piovere e io sarei dovuto salire su un monte a 2.500 metri che in quel preciso momento era coperto da un sacco di nuvole poco raccomandabili. Ottimo segno di incoraggiamento!
Mi feci coraggio e, non avendo d'altronde molte altre possibilità, rimontai il carretto e mi rimisi in strada proprio in direzione “nuvoloni grigi”. Pedalando incontrai un gruppo di boy scout e subito gli feci il saluto visto che anche io sono parte della famiglia. Mi risposero e allora mi fermai per fare due chiacchiere. Erano del CNGEI ed erano li con il loro reparto e non sembravano essere molto preoccupati per il meteo e se non lo erano loro allora perché lo dovevo essere io? Ripresi a pedalare con molta più serenità e le nuvole sembravano quasi farmi strada accumulandosi sui fianchi della montagna. Una serie di infiniti tornanti che in poco più di una ventina di chilometri mi avrebbero fatto guadagnare un dislivello di 1350 metri che si sentirono tutti. Arrivai in cima e giusto il tempo per farmi qualche selfie ed entrare nel piccolo rifugio che trovai poco più avanti che si scateno l’inferno … quasi un miracolo! Mangiai qualcosa di caldo al volo visto che il rifugio era in fase di chiusura e aspettai che la situazione fuori si calmasse un attimo per ripartire. Il meteo mi concesse infatti proprio il tempo preciso per scendere alla velocità della luce e trovare un piccolo campeggio che poi tornò a scatenarsi per bene. Individuai un piccolo gazebo e visto che la situazione non era proprio ideale per pensare di montare la tenda, mi rifugiai lì per sistemarmi e aspettare nuovamente che il tempo migliorasse. Più tardi entrarono anche alcuni altri ragazzi che si misero a fare da mangiare e visto che l’ora si era fatta tarda decisi di unirmi a loro. Erano molto simpatici e aperti e così condividemmo un po’ del cibo che ci eravamo preparati. Erano tedeschi ed erano partiti dalla Germania per farsi un bel giretto in moto e proprio l’indomani sarebbero arrivati in italia passando proprio per quella stessa strada che mi portò fino a lì. Facemmo altre due chiacchiere, ma poi cominciò a farsi buio e visto che la pioggia sembrava essere essersi calmata gli salutai e andai a montarmi la tenda.
Ebbi un po’ fretta e sfortunatamente nel montarlo ruppi un palo, ma non mi feci prendere dal panico anche se col buio e sotto alla pioggia non era proprio quello che ci voleva. Con una fascetta e un po’ di scotch idraulico lo riparai in un batter d’occhio e e cinque secondi ero in tenda dentro al sacco a pelo. Ce l’avevo fatta: Girovaganzo – Nufenenpass, 1 a 0!
Oberwalt - Losanna / 13 Agosto 2019
La mossa del treno per arrivare ad Airolo e anticipare di un giorno la salita al Nufenenpass si rivelò vincente e il giorno dopo, come da previsioni, non smise di piovere un secondo. L’unico raggio di sole si intravvise per qualche oretta a mezzogiorno e ne approfittai per farmi due passi lungo le vie del minuscolo paesino di Oberwalt e fare un po’ di spesa; per il resto mi passai la giornata in campeggio leggendo, riposando e ascoltando un po’ di musica. Subito qualcuno penserebbe ad un’interminabile e noiosa giornata, ma il viaggio in solitaria ti insegna anche questo: a stare con te stesso, a fermarsi un attimo, riflettere e ascoltare il silenzio. Ma vi risparmio le narrazioni filosofiche visto che potete arrivarci anche da soli.
Il mattino successivo ero carico di energie ma del tutto ignaro di quello che mi sarebbe capitato da li a poco. I primi segnali arrivarono già dal primo mattino quando, con gran sorpresa, notai che il cellulare non si era caricato durante la notte e la batteria era rimasta a metà carica. Provai ad attaccarlo al powerbank, ma a causa dell’umidità sembrava non volersi caricare in alcun modo: un’ottima notizia visto che era l’unica mia fonte di orientamento! Avevo comunque ancora carica a sufficienza per studiarmi un po’ il percorso perciò non mi scoraggiai più di tanto e mi misi subito in sella. Ogni tanto provavo a rimettere il telefono in carica nella speranza che il vano di ricarica si asciugasse, ma nulla da fare, non ne voleva proprio sapere. Provai addirittura a scaldarlo un po’ con la fiamma dell’accendino, cosa che vi sconsiglio vivamente di fare se non volete esplodere, ma ovviamente non funzionò visto che alla lunga cominciai a sentire solo odore di bruciato. Dopo pochi minuti il cellulare mi abbandonò e cominciai così ad affidarmi alla segnaletica verticale visto che sapevo che per buona parte del tragitto avrei dovuto seguire l’Eurovelo n.5 che sembrava essere ben segnata. Dico sembrava, perché non trascorsero nemmeno 3 chilometri che mi ritrovai in mezzo al nulla, lungo una strada di campagna senza uscita. Provai a riaccendere il cellulare e magia, partì la schermata di ricarica!!
Mi rimisi presto sul percorso che per la maggior parte era costituito da ciclabili, carreggiate e brevi single track che passavano dentro a qualche boschetto di qua e di la. Il maltempo del giorno precedente però, aveva sradicato qualche albero che era finito proprio sul percorso ciclabile e per questo mi trovai spesso a scendere dalla bicicletta e staccare il carrello per portare tutto dall’altra parte e rimontare. Non proprio la cosa più comoda del mondo, ma alla fine non devo correre dietro a nessuno no?
Dopo un po’, tornati sulla ciclabile, il navigatore mi fece svoltare a destra per un piccolo sentierino ghiaiato e in salita. Mi alzai in piedi, ma subito la ruota dietro si bloccò di colpo e per pochissimo non finii nel piccolo torrente che avevo proprio sulla sinistra. Scesi per capire cosa potesse essere successo visto che la bici non sembrava volersi muovere nemmeno all’indietro e così mi accorsi che alzandomi sui pedali avevo fatto oscillare troppo la bici e l’aggancio del carrello alla ruota posteriore aveva piegato il forcellino facendo finire un raggio all’interno del meccanismo del deragliatore. Staccai così il carrello e misi la bici a terra per capire meglio, ma preso un po’ dall’ansia e dalla fretta di ripartire visto che ero già un po’ in ritardo sulla tabella di marcia, cominciai a fare forza con le mani per provare a liberare il raggio dal deragliatore posteriore. Feci forza più volte anche se sempre in modo piuttosto controllato per evitare di rompere seriamente qualcosa, ma ad un certo punto la ruota mi scivolo leggermente e l’anulare della mano sinistra mi si incastrò proprio in mezzo, tra il raggio e il deragliatore che ora faceva perno proprio sul mio dito. Mi prese il panico e cominciai a tirare e tirare, ma più forza ci mettevo e più dolore sentivo. Non sapevo proprio cosa fare e il dito nel frattempo stava diventando sempre più bianco. Fortunatamente dopo poco passò di lì un ciclista che, sentite le urla, si fermo per aiutarmi e insieme riuscimmo ad estrarre il povero dito che ormai aveva perso completamente sensibilità. Il gentile signore mi riempì una borraccia con l’acqua fresca del fiume e mi consigliò di tenerci ammollo il dito per un po’ e così feci. Presi fiato e mi calmai un po’ poi scambiai due chiacchiere con il signore che mi aveva salvato il dito, ringraziandolo infinitamente. Si chiamava Silvio, un italiano in pensione che da circa una decina d’anni si era trasferito lì in Svizzera con la moglie. Dopo esserci un po’ raccontati a vicenda gli chiesi se poteva darmi una mano a sistemare la bici visto che con gli strumenti che avevo non riuscivo a fare molto. Fortunatamente abitava lì vicino perciò mi disse solo di aspettarlo che sarebbe andato a casa a prendere la macchina e qualche attrezzo per aiutarmi ed eventualmente portarmi da un qualche meccanico anche se era domenica e sarebbe stato difficile trovarne di aperti.
Con un po’ di pazienza riuscimmo a sbloccare il raggio, raddrizzare il forcellino e riagganciare il carrello. Lo ringraziai ancora una volta e dopo un simpatico selfie lo salutai definitivamente e mi rimisi in viaggio. Era ormai mezzogiorno passato e faceva un caldo assurdo, ma se già prima avevo accumulato qualche ora di ritardo a causa del cellulare e degli alberi caduti, ora al montepremi se ne erano appena aggiunte altre due e decisi così di continuare anche se con molta più calma e tranquillità di prima. Dopo non sò quanti chilometri di vento contrario arrivai finalmente a Martigny, tappa a cui sarei dovuto arrivare più o meno per mezzogiorno anche se ormai erano le 15 passate. Avevo percorso già 120km e me ne sarebbero mancati altri 80 per arrivare a Losanna, ma tra il caldo, la fame, il vento contrario degli ultimi chilometri, l’inconveniente del dito, gli alberi e il cellulare scarico ero distrutto. Trovai una stazione e senza pensarci troppo presi un treno che mi portò fino a Vevey da dove poi ripartii in bici per gli ultimi 20km verso Losanna.
Cercai immediatamente un campeggio, montai la tenda, feci una rapida doccia e dopo aver messo qualcosa sotto ai denti mi precipitai a letto.
Al confine con la Francia, affacciata sul lago Lemano Losanna è una bellissima città moderna, pulita e piena zeppa di biciclette. Per gli sportivi e gli appassionati Losanna è anche detta “la città olimpica” perchè è la sede del CIO il Comitato Olimpico Internazionale e di tantissime federazioni sportive mondiali e per questo ospita uno dei più importanti musei olimpici.
Losanna - Ginevra / 14 Agosto 2019
Dopo una mattinata passata a visitare la splendida città di Losanna, mi rimisi in sella in direzione Ginevra. Mi aspettavano poco più di 50 chilometri ed essendo tutto a bordo lago, il dislivello era praticamente nullo perciò me la presi molto con calma godendomi al massimo il panorama.
Ginevra non mi entusiosmò più di tanto in realtà, è una grande città, monumenti giganteschi, imponenti chiese, e moderne vie dedicate allo shopping proprio come in tutte le grandi metropoli, ma ci trovai poco di cararatteristico e forse è per questo che spesso le città più interessanti per me sono spesso quelle più piccole e “sconosciute”.
Ginevra - Lione / 16 Agosto 2019
In chilometri la tappa più lunga del tour, ma dopo quasi un giorno e mezzo di riposo, non mi spaventa nulla. Spesso quello che fa la differenza nell’affrontare le tappe più lunghe non è tanto l’allenamento, ma la filosofia e la mentalità con cui le si affronta e forse anche per questo i 160 chilometri volarono come niente. Ero partito particolarmente in forma e anche se al confine con la Francia si ripresentò il problema con il forcellino, non mi feci prendere dal panico e chiedendo una mano e qualche attrezzo ad un giovane ragazzo di quella zona, riuscii a sbrigare la situazione in pochi minuti e ripartii come se nulla fosse. Nonostante i 160km e i quasi 1600m di dislivello, questa è forse la tappa in cui feci meno fatica: ero troppo gasato dal panorama, dalla bella giornata e dal pensiero che stavo per arrivare a destinazione. Ero entrato in quella fase del viaggio in cui realizzi finalmente quello che stai facendo e ti tornano in mente tutte le motivazioni che ti avevano portato a compiere quella “pazzia”, ma questa volta senza dover sopportare il “peso” della partenza. La partenza è infatti forse la soglia più difficile da affrontare in un viaggio, perchè significa aprire la porta della propria zona di confort, quella zona in cui ormai viviamo senza quasi rendercene conto, quella zona in cui conosciamo tutti e tutto, quella zona fatta di routine e abitudini. Uscire da questa zona vuole dire imbattersi in qualcosa che non si conosce, qualcosa di insolito, qualcosa di nuovo, e proprio la novità è vista dal nostro istinto di sopravvivenza come qualcosa di cattivo e pericoloso, ecco perché spesso la partenza è la parte più difficile del viaggio.
Avvolto da tutti questi pensieri arrivai a Lione quasi senza accorgemene tant’é che non mi resi conto neanche di aver appena passato il cartello che indicava l’inizio della città col quale solitamente mi scattavo sempre una foto ricordo.
Il mattino seguente la sveglià suonò alle ore 7 poiché nonostante fosse un giorno di riposo, volevo avere più tempo possibile per girarmi e visitarmi con calma Lione che già solo su Google Maps sembrava essere gigantesca. Lasciai la bici in campeggio per non dovermela poi portare dietro continuamente e decisi di acquistare un biglietto giornaliero che valeva per sia per i bus che per la metro. Feci colazione in un piccolo bar a pochi passi dalla piazza di Saint Jean dove si trova anche l’omonima cattedrale che visitai subito dopo.
La “Vecchia Lione” è il più grande quartiere rinascimentale d’Europa ed è tutelata dall’UNESCO come Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Un reticolo di stradine lastricate, gallerie e passaggi che si stende ai piedi della Collina di Fourvière sulla riva della Saona ed è organizzata intorno a tre monumenti religiosi: la Cattedrale di Saint Jean, la chiesa medievale di San Paolo e quella di San Giorgio. Molto interessante anche il museo dedicato al cinema che si trova proprio in questa zona, un museo che oltre a riportare in modo molto semplice e pratico l’evoluzione del cinema, delle tecniche cinematografiche e degli effetti speciali, riporta anche vere e proprie ricorstruzioni di set, oggetti, e scene realizzate per le riprese di pellicole del calibro di Star Wars, Back to the Future, Jurassic Park, Parfum,… Un museo sicuramente ben fatto e che vi consiglio caldamente se avete intenzione di fare un salto a Lione, sia che siate appassionati di cinema o meno.
Molto bella anche la parte alta della città vecchia dove, oltre alla spettacolare vista sulla città, si possono visitare la basilica di Notre Dame de Fourvière e il museo gallo-romano di Fourvière con il suo teatro.
Tra le sponde del fiume Saona e quelle del Rodano invece, si trova la parte più moderna della città con la sua imponente piazza Bellecour e tutti i negozi di moda, catene alimentari e store tech.
Una città veramente gigantesca e forse anche un po’ sacrificata con un solo giorno a disposizione, ma ad oggi è uno dei ricordi più belli che mi rimane di questo viaggio, dopo l’esperienza vissuta a Taizé ovviamente.
Lione - Taizé / 18 Agosto 2019
Un viaggio nel viaggio...
Domenica 18 agosto, sono solo 100 i chilometri che mi separano dalla meta e per l’ultima volta smonto la tenda e preparo la bici. Costeggiai per più di metà percorso il fiume Saona lungo un percorso praticamente per il 90% ciclabile: forse il modo migliore per terminare il viaggio. Avevo così tanti pensieri per la testa che le poche cose che ricordo di questa giornata sono il sole e il caldo micidiale, la vecchia ferrovia con la sua galleria a pochi chilometri da Macon e l’arrivo, con la foto al cartello che diceva TAIZÈ. Ma questo sarà solo l’inizio di un’altro viaggio e di un’altra storia che vi vorrei raccontare, ma che a parole non riuscirei nemmeno a riassumere.
Rientro a casa / 25 Agosto 2019
Non sono uno che pianifica troppo i propri viaggi, al di là del percorso GPS e infatti anche il ritorno lo avevo lasciato anche un po’ al caso. L’idea iniziale era di tornare a Lione in bicicletta e prendere un Flixbus che mi avrebbe portato a Torino da dove avrei cercato un treno per arrivare a Modena per poi farmi gli utlimimissimi chilometri di bici fino a Formigine.
Durante la settimana però, feci amicizia con un gruppo di italiani troppo divertenti e simpatici tra cui due che venivano proprio da Torino. Mi offrirono un passaggio in macchina e mi dissero che avrebbero avuto spazio anche per la bici e allora non esitai un secondo ad accettare. Fu veramente strana la sensazione che ebbi durante quel viaggio di ritorno verso casa: tutti i chilometri che mi ero fatto e sudato pedalando per una settimana, me gli stavo bevendo uno dietro l’altro e in meno di 48 ore sarei stato a casa. Sembrava quasi come quando da piccolo riavvolgevi il nastro delle vecchie VHS!
Arrivammo a Torino che era quasi sera e passai la serata a casa di uno dei miei amici che alle 5 del mattino mi accompagnò poi in stazione per prendere il treno che mi avrebbe portato a casa: Formigine.